#30 Privilege Escalation

 

Il lavoro non viene più eseguito con la coscienza orgogliosa di essere utile, ma con il sentimento umiliante e angosciante di possedere un privilegio concesso da un favore passeggero della sorte, in breve un posto, un privilegio dal quale si escludono parecchi essere umani per il fatto stesso di goderne.
Simone Weil
Com Truise – Privilege Escalation

In virtù del mio essere nata persona privilegiata, ho iniziato a pensare al privilegio molto molto tardi: perché sono bianca-italiana-benestante-abile-neurotipica-istruita-englishspeaker.
Certo è che sono comunque donna e la mia salute mentale me la sto conquistando piano piano – però credo che gli altri privilegi che ho avuto mi abbiano protetta e mi abbiano consentito di prendermi cura di me quando ne ho avuto bisogno, soprattutto in una società in cui la salute mentale è considerata un privilegio.
Non credo avrei potuto iniziare una terapia a 19 anni se non provenissi da una classe economica medio alta: condizione agiata che da un lato mi ha permesso di coltivare la mia mente, dall’altra ha reso economicamente possibile la psicoterapia.
Andando avanti è come se i miei privilegi di nascita si fossero esponenzialmente moltiplicati: l’appartenenza a una classe medio alta mi ha permesso di studiare, studiare mi ha consentito di arrivare ad esercitare una professione che – nonostante l’avvio non facile – mi permette di riconfermare i miei privilegi di classe e permetterà a dei miei ipotetici figli di beneficiare delle stesse condizioni di partenza di cui ho beneficiato io (magari con un po’ più di cura per la salute mentale…).

È un sistema che tende all’autoconservazione e sembra essere strutturato in maniera tale che dall’interno sia difficile vederne i meccanismi, come Matrix: per cui è facile nascere privilegiati, avere gli strumenti per perpetuare la propria condizione di privilegio, morire senza essersi mai posti la domanda: e se tutto questo non fosse scontato?.

Lavorare nei servizi territoriali per la salute mentale mi ha costretto a ripensare la mia condizione perché sono contesti in cui salta all’occhio come molto spesso a una grande sofferenza corrisponda una totale (o quasi) assenza di privilegio ed è difficile non pensarla in termini causali.

Jonathan Safran Foer dice:
Anche non avere scelta è una scelta. (A cui io aggiungo: sì ma di altri).

Perché uno dei più grandi vantaggi del privilegio è la libertà di scelta, l’avere un ventaglio molto ampio di possibilità in tutti o quasi gli ambiti della vita, che si traduce in una riduzione così drastica delle possibilità di scelta per i non-privilegiati, simile al non averne alcuna.

Nonostante sia un prodotto del privilegio Ψ, credo che la psicoterapia possa invertire questi meccanismi deterministici perché permette all’individuo di essere se stesso e di vivere in modo autentico e questo si traduce inevitabilmente in un ampliamento delle possibilità di scelta. E questo privilegio guadagnato è contagioso, si ripete nelle generazioni e può portare a nuovi e bellissimi frutti.

So che non è molto e non penso che ribalterò gli equilibri del mondo, ma quando la guardo in questo modo penso che comunque non sto conservando il mio privilegio per me ma sto cercando di farlo fruttare: mi sento comunque in colpa, perché per quanto il mio privilegio mi consenta di collaborare a titolo gratuito con i servizi pubblici e di farmi pagare cifre irrisorie dai pazienti in difficoltà, comunque dormirò nel mio letto morbido del mio appartamento in affitto la cui temperatura non scende al di sotto dei 23 gradi.

E’ difficile far convivere il privilegio con la sensibilità – ci si sente una schifezza la maggior parte delle volte – però se possiamo metterlo a servizio della collettività forse non sarà stato vano.

Ψ sapete che fino al 1989 gli psicologi non potevano diventare psicoanalisti senza una vera e propria ragione scientifica ma solo per preservare il privilegio della categoria?
Un articolo di Paolo Migone della rivisita Psicoterapia e scienze umane.

Se non devi pensarci, è un privilegio.
Questo poster fa parte della campagna Check your privilege dell’Università di San Francisco del 2014. L’obiettivo era incrementare la consapevolezza di studenti e staff rispetto alle disuguaglianze sociali e ai privilegi intesi come la possibilità di accesso al potere sulla base dell’appartenenza a un gruppo sociale dominante.
School of life – The secrets of a privileged childhood
School of life è un’organizzazione internazionale che si prefigge lo scopo di aiutare le persone a vivere in maniera più profonda e resiliente.
In questo video – purtroppo disponibile solo in inglese – raccontano cosa rende un’infanzia davvero privilegiata: ciò non dipende solo dall’agiatezza economica ma dalla capacità di un genitore di essere in grado, ad esempio, di permettere al proprio figlio di ribellarsi o dedicare del tempo a esplorare il suo mondo immaginario.

Ψ Peter Fonagy, psicologo e psicoanalista ungherese, defiinisce la mentalizzazione come la capacità di pensare e interpretare gli stati mentali propri e degli altri. Questo processo si struttura a partire dalle relazioni infantili, grazie all’immagine di sé che viene rimandata al bambino dalle proprie figure di riferimento.
Nell’adulto la mentalizzazione permette la costruzione di un’immagine di sé stabile e dà la possibilità di osservarsi dall’esterno in modo da poter riconoscere le proprie caratteristiche e aver consapevolezza anche dei propri privilegi.