Ψ Sigmund Freud

Sapevamo che prima o poi ci sarebbe toccato… ebbene sì, questo mese ricorrono i natali del grandissimo e non si scappa: buon compleanno al grande padre della psicoanalisi Sigmund Freud per il suo 166esimo anno.

(padre della psicoanalisi e non della psicologia come erroneamente moltз credono… vi ricordate di Wilhelm Wundt?)

Di Freud e della teoria freudiana ne sappiamo tanto – anche perché è stato uno scrittore abbastanza prolifico oltre che indiscutibilmente talentuoso (lo sapevate che nel 1930 vinse il Premio Goethe?) – e forse il giorno del suo compleanno non avrebbe apprezzato essere ricordato per le solite cose.

  • L’inconscio
  • La sessualità
  • Io, Es e Super-Io
  • La sessualità
  • Le pulsioni
  • La sessualità
  • Il complesso di Edipo
  • La sessualità
  • L’interpretazione dei sogni
  • La sessualità… per caso lo abbiamo già detto?

So che potremmo peccare di ὕβϱις, però vorremmo proporvi un Freud diverso da quello più conosciuto in virtù di quella che forse è la più importante lectio magistralis che Freud ci ha lasciato: essere curiosз e non aver paura.

[no, non come lo intende Tommaso Paradiso ma neanche Alessandro Borghi in questo video – chissà come lo avrebbe interpretato Freud…]

Lo sappiamo, lo sappiamo, sembra una banalità da film Disney (Walt non ce ne voglia) e Freud non si sarebbe mai espresso in questi termini, ma guardando a quella che è stata la sua vita non è possibile non leggerci un inno alle generazioni future.

Freud non è stato solo l’analista serio con sigaro e barba, ma anche quello che per capire come funzionasse la cocaina se la somministrava da solo annotando minuto per minuto gli effetti e quello che non si fece il benché minimo problema a pubblicare nel 1905 i Tre saggi sulla teoria sessuale, tanto per fare un paio di esempi.

E in realtà a differenza dell’immagine rigida, legata anche al dogmatismo con cui la teoria psicoanalitica è stata tramandata dopo la sua morte, il ritratto informale che emerge di lui è quello sì, di un uomo incredibilmente intelligente e dotato di una mente finissima, ma anche di una persona estremamente umana, spontanea e divertente.

Insomma, nonostante la psicoanalisi – e la formazione psicoanalitica – siano caratterizzate da un setting* piuttosto rigoroso, sembra che Freud non fosse poi così freudiano nel suo modo di lavorare.

Basti pensare che oltre ad amici e seguaci ha analizzato la sua stessa figlia, povera Anna (indovinate poi che cosa ha fatto nella vita?).

Ed è così che gli auguriamo buon compleanno, dandovi una prospettiva diversa su quelle pratiche un po’ seriose che fanno apparire la psicoanalisi esotica e poco attuale.

L’importante è che manteniate il segreto e non lo diciate all’analista (perché ovviamente lo interpreterà come resistenza) 😛

L’analista deve essere uno schermo bianco per il paziente – la stanza d’analisi non deve rivelare nulla dell’analista
Freud era un collezionista (oltre che un po’ accumulatore) e la sua stanza era piena zeppa degli oggetti più disparati: regali, libri, fotografie. Diciamo che il paziente aveva più di un elemento per farsi un’idea di chi fosse il suo analista.

Inoltre, da grande amante degli animali, portava in seduta il suo cane che, con i suoi comportamenti, forniva a Freud ulteriori elementi di riflessione sullo stato emotivo del paziente.

Le sedute devono durare 50 minuti e vanno da 2 a 6 a settimana
Freud era un po’ ossessivo ed era molto bravo a fare i conti (per dirlo in un modo carino): con i 50 minuti riusciva a ottimizzare il numero di pazienti (faceva anche più di 10 sedute al giorno con una resistenza invidiabile) ma anche le sue energie, perché ovviamente vedendo le persone a uno-due giorni di distanza riusciva a tenere meglio a mente il loro percorso.

Niente male come strategia, no?

Il silenzio analitico
Sicuramente è molto suggestivo e ha i suoi pro (stimola le libere associazioni, agevola le proiezioni del paziente, e così via) ma sembra derivi da un errore storico: quando Freud, in quanto ebreo, si trasferì a Londra tendeva a essere molto meno interattivo del solito in seduta perché non conosceva molto bene la lingua inglese.

Non si accettano regali dai pazienti
Non ci spenderemo in inutili tergiversazioni ma vi diremo solo che l’iconico lettino di Freud – eretto a simbolo della psicoanalisi- era in realtà un divano un po’ bizzarro regalatogli da Madame Benevenisti, una sua paziente.

Sipario.

Il lettino – «La psicoanalisi? Un mito tenuto in vita dall’industria dei divani»
Nella prima fase della sua carriera Freud lo utilizzava per praticare l’ipnosi; nel passaggio alla psicoanalisi non era così necessario, ma Freud si era affezionato a quello che aveva ricevuto in regalo e ritenne che comunque non avrebbe guastato rispetto al lasciarsi andare alle libere associazioni.

Pare però che, in un suo scritto del 1931, confessò di averlo mantenuto nella stanza d’analisi perché gli pesava essere guardato per 10 e passa ore al giorno.

Come dargli torto.

Ossessione per il sesso?
Non necessariamente: sicuramente la teoria sessuale, con Edipo, sessualità infantile e invidia del pene, ha contribuito ad animare questo mito dell’assoluta centralità del sesso nella teoria psicoanalitica, ma in realtà – se si va a studiare e contestualizzare tutto questo – emerge in modo chiarissimo il valore simbolico di questi elementi.

E non scomoderemo Lacan per spiegarlo, ma quello di cui Freud parla è quanto sia il desiderio nella sua accezione più ampia, sfaccettata ed emozionante a muovere l’essere umano.

Non possiamo fare altro, come regalo di compleanno, che riconoscergli il merito di aver dato così tanto spazio, riconoscimento e legittimità al nostro desiderare e di quanto sia importante non smettere di farlo per rimanere vivз.

Grazie e auguri Sigmund!

* “In psicoanalisi, contesto strutturato che si costituisce per cogliere il significato affettivo delle esperienze e degli stili relazionali di un paziente in terapia. È definito da modalità spazio-temporali (caratteristiche della stanza in cui avviene la terapia, frequenza e durata delle sedute, pagamento ecc.) e da regole relative alla interazione tra terapeuta e paziente”. [Treccani]

[Questi simpatici aneddoti provengono da Albano L. (1987), Il divano di Freud. Il saggiatore, Milano, 2014.]